“Venite e Vedrete”: diario di viaggio

DIARIO DALLO ZAMBIA 8 OTTOBRE 2019:

In queste settimane abbiamo avuto la possibilità di entrare a far parte dei vari progetti di cui vi abbiamo parlato. Vivere all’interno del progetto significa condividere con bambini e ragazzi l’intera giornata, e per noi questo non ha significato solo “assistere” alle varie attività che giornalmente vengono proposte dagli educatori, ma molto, molto di più! La nostra curiosità, ammirazione e voglia di aiutare gli altri, ci ha permesso di entrare ancora di più a contatto con chi si occupa di questo tutti i giorni, e questo ci ha permesso di capire meglio il contesto in cui eravamo, gli obiettivi del progetto, ma soprattutto i bisogni dei bambini.. Solo allora, ognuno di noi, è riuscito a trovare la sua dimensione, il suo piccolo spazio per poter dare concretamente una mano. Pian piano, ci siamo lasciati immergere completamente nella nuova realtà, con gli occhi attenti di chi sa fermarsi a guardare, ma con la carica positiva di chi non ha paura di mettersi in gioco! Ed è proprio cosi che, noi quattro, abbiamo iniziato a vivere la nostra straordinaria esperienza.. È difficile e riduttivo provare a riassumere per iscritto tutto ciò che ognuno di noi ha vissuto, provato, sentito e ascoltato.. ma sicuramente ve lo racconteremo al nostro ritorno!☀🌍❤

Debora, Gaia, Stefano, Mauricio

 

DIARIO DALLO ZAMBIA 6 OTTOBRE 2019:

Weekend a Livingstone.

Durante questo ricchissimo mese di missione abbiamo vissuto un weekend più turistico nella città di Livingstone per visitare le Cascate Vittoria e vivere l’esperienza di un Safari.

Venerdì mattina ci alziamo all’alba e partiamo da Ndola in un bus che ci sembra subito molto lussuoso, “cullati” dalle non troppo soavi, e decisamente urlate, parole del predicatore .
Dopo circa 6 ore facciamo una sosta nel caos di Lusaka, dove cambiamo bus.
Ripartiamo e dopo un altro lunghissimo viaggio sulle strade Zambiane arriviamo a destinazione.
La nostra guida, Benny, ci porta al Lodge, non c’è corrente.. ottimo!
Il mattino dopo Debora Mauricio ed io ci prepariamo per il Safari.
Attraversiamo lo Zambesi nel punto d’incontro di Zambia, Namibia, Zimbabwe Botswana.
La mattinata si è svolta in barca, accompagnati da Lops, la nostra guida nel Safari , abbiamo potuto osservare più che da vicino Ippopotami, coccodrilli, antilopi, gazzelle, uccelli, e moltissimi elefanti… Spettacolare!
Dopo il pranzo in un Lodge lussuosissimo interno al Safari, saltiamo sulla Jeep e concludiamo la giornata tra giraffe, Impala, ancora tanti elefanti ed un lontanissimo leone.

Domenica, dopo una bella messa, accompagnati da Benny andiamo a vedere le cascate Vittoria che pare siano le più potenti al mondo.
Essendo nella stagione secca le troviamo con poca Acqua, specialmente nella parte Zambiana dove abbiamo trovato queste alte pareti di pietra nera completamente asciutte .
Nella parte dello Zimbabwe la visione delle cascate è stata più spettacolare, colorata dagli arcobaleni che formava il sole sulle goccioline d’acqua.

Il tramonto è sicuramente stato il momento più bello del nostro weekend, visto direttamente sul fiume Zambesi a bordo di una barca turistica, ci siamo goduti, sempre in compagnia di qualche animale, una vista mozzafiato.

Sicuramente questi due giorni sono stati in netto contrasto con l’esperienza di missione, ci hanno mostrato un po’ del turismo Africano, totalmente assente a Ndola, Ma sono stati una buona occasione per noi per poter vedere anche altre facce dell’Africa.

Gaia, Debora, Mauricio e Stefano

 

DIARIO DALLO ZAMBIA 25 SETTEMBRE 2019

A more

F orza

R iscatto

I nsegnamenti

C uore

A micizia

 

Ciao Amici!😊

Sono qui sdraiata sull’erba secca all’ombra di un albero, sotto un bellissimo cielo azzurro illuminato dal sole caldo che riscalda questa terra accarezzata da un venticello leggero..

Ho iniziato questo viaggio senza pensieri o meglio, come dice la nostra Sirle, in modalità “Hakuna Matata”!😊 Prima di partire, infatti, mi è stato chiesto di togliermi di dosso qualunque pensiero legato a quella che era la mia vita di tutti i giorni, per riuscire ad immergermi completamente nella nuova realtà, e in quella che, senza saperlo, da lì a poco, sarebbe diventata la mia vita. Paura?! No, non ho avuto  paura, perché dentro di me non ho mai smesso di sentire quella voce che mi ha chiesto di partire per andare in una Terra nuova, a vedere e ad ascoltare ciò che il Signore aveva da dirmi.. Così, senza alcun timore, mi sono fidata ed affidata completamente a Lui, e sin dal primo piede che ho poggiato sul mio primissimo aereo, ho avuto la meravigliosa sensazione di non essere mai stata sola! Per riuscire a realizzare questo viaggio, infatti, ho dovuto superare tanti ostacoli che, spesso, mi hanno portato a chiedermi perché dovessi stare così tanto male per seguire qualcosa che sentivo essere giusto per me.. In realtà, le risposte le avevo già dentro di me, solo che spesso noi non le ascoltiamo o le ignoriamo per paura.. Perché in fondo tutti sappiamo quanto sia difficile fidarsi di qualcuno, tanto più di una sensazione che proviamo dentro di noi, e allora diviene più facile rimanere aggrappati a qualcosa di certo, che si ha già, per il timore di lasciarsi andare e rischiare di vedere che cosa c’è oltre il confine.. Io posso dirvi che ringrazio Dio ogni giorno per avermi dato la forza e il coraggio di superare ogni difficoltà e di andare avanti per riuscire a percorrere la strada che Lui ha pensato per me.. Ed eccomi qui, in Zambia, nella mia bellissima Africa… Vi scrivo, ripenso a tutto il mio percorso con voi e sorrido.. oggi sono tanto felice! Mi sento leggera, libera di essere me stessa, senza preoccuparmi di ciò che mi aspetterà, perché so che il buon Dio ha già preparato la mia strada, ed io mi lascio guidare da Lui. Così, ogni mattina, mi sveglio all’alba con tantissima voglia di scoprire cosa vorrà dirmi oggi, attraverso quali persone e bambini lo incontrerò, in quali parole, racconti, sorrisi, dolori, sofferenze, povertà e miseria.. E così, ho iniziato a vivere il mio viaggio.. Quanta povertà. Questo è stato il primo pensiero che ho avuto non appena mi hanno caricato su una jeep per portarmi nella casa famiglia che mi avrebbe ospitato. I bordi delle strade, piene di buche, erano pieni di gente, quanti bambini.. Sono bastate 15 ore di aereo per atterrare in un mondo che è l’opposto da quello da cui provengo.. L’impatto per me è stato molto duro e forte, perché vedere con i propri occhi certe realtà, fa davvero male. Da quando sono arrivata mi sono messa ad ascoltare, a vedere, e a sentire sulla mia pelle le sensazioni ed emozioni che questa bellissima esperienza mi sta trasmettendo sia attraverso le storie delle persone e i loro racconti che attraverso i loro occhi, i loro sorrisi e le loro mani. In queste settimane stiamo girando i vari progetti: in ognuno di essi ci sono persone che si prendono cura di bambini, ragazzi e disabili che provengono dalla strada, assicurandogli almeno due pasti al giorno, permettendogli di andare a scuola, di stare in un posto sicuro, di fare sport e, per chi è solo, di avere posto in cui dormire.. È difficile trovare le parole giuste per descrivervi tutto ciò che mi circonda, però posso dirvi quello che tutto questo mi sta trasmettendo.. Ovunque io vada, vedo intorno a me persone con una grande forza, capaci di utilizzare quel poco che hanno e trasformarlo in qualcosa di nuovo, semplice ma essenziale per loro, valorizzando cosi ciò che forse noi non avremmo neppure considerato… Qui non si spreca e non si butta via nulla, al contrario si condivide e ci si aiuta, e vederlo fare da chi ha davvero poco, fa riflettere… I bambini qui usano le ciabatte come racchette da tennis, i tappi delle bottiglie come pedine della dama.. eppure loro hanno sempre il sorriso! E.. sapete quanto ci si diverte tutti insieme?!! Tantissimo!!!❤ Qui non importa a nessuno la perfezione, l’importante è fare, inventare, trasformare, cogliere le occasioni che la vita ci offre e.. ringraziare! Thank you! Grazie! Qui si impara davvero a ringraziare per ogni piccola cosa, per il cibo che si mangia o per un gesto gentile, perché qui nulla è dato per scontato.. Quando alcuni ragazzi mi hanno detto quanto fosse grande per loro l’opportunità di poter studiare grazie al progetto in cui sono, io mi sono messa a piangere… perché era vero… tantissimi bambini e ragazzi come loro quest’opportunità non ce l’hanno.. come non hanno un pasto assicurato o un posto in cui dormire.. io ho ascoltato le parole di questi ragazzi, e ho guardato i loro occhi, come ho guardato quelli dei bambini che ho incontrato.. nei loro occhi, così limpidi, si intravede la sofferenza dovuta molto spesso ad un passato difficile e ad un presente molto duro, ma ancor più chiaramente, dai loro occhi traspare quella luce di speranza, gioia e gratitudine per un futuro migliore.. Ed io, glielo auguro tutto, perché come gli ho detto con il mio inglese imperfetto: Il mondo, per essere migliore, ha bisogno di ragazzi come voi!

Debora

 

DIARIO DALLO ZAMBIA 22 SETTEMBRE 2019

4 Musungu in Zambia – l’Impatto.

Dopo 19 ore di viaggio con un lungo e assonnato scalo a Nairobi, atterriamo nel minuscolo aeroporto di Ndola.
Aeroporto formato da un container come magazzino, 3 aerei posteggiati ed un’unica stanza per arrivi, partenze, visti di entrata e ritiro bagagli.. già sentiamo profumo di Africa.
Stravolti dal viaggio ci dividiamo nelle due case che ci ospitano.
I primi giorni li sfruttiamo per conoscere i progetti della Papa Giovanni presenti qui in Zambia.
Notiamo quanto questi siano ben strutturati ed ormai avviati verso una gestione totalmente zambiana.

– Chicetekelo, si occupa del recupero dei bambini legati alla strada. È costituito da 4 fasi a partire da un centro diurno che accoglie e cerca di avvicinare i ragazzi al progetto cercando di conoscere la loro situazione ed interagendo con i servizi sociali.

– Mary Christine. Attraverso lezioni ( ambito agricolo) e il lavoro pratico nei campi offre una grande opportunità di reinserimento ai ragazzi affetti da disabilità principalmente psichica. La bellezza di questo progetto sta nell’offrire un’occasione di riscatto sociale per questi ragazzi, i quali lavorando nel progetto possono sostenere economicamente le loro famiglie.

– Rainbow, -progetto che personalmente mi ha appassionata di più – Qui in Zambia è impegnato nella lotta contro la malnutrizione attraverso vari centri nutrizionali sparsi nei compound della città. Qui i bambini vengono pesati, misurati, gli viene fornito del cibo particolarmente nutriente ed alle famiglie vengono spiegate le basi dell’alimentazione di un bambino. Vengono insegnate cose che per noi sono ormai scontate ma che qui non sono per niente ovvie ( come lavarsi le mani, come abbinare i cibi, come cucinare i cibi per i bambini).

Non posso negare che l’impatto con l’Africa sia stato strano.
Ho trovato Ndola molto più caotica, sporca, rumorosa di quanto mi aspettassi colorata da questi grandi alberi dai bellissimi fiori viola; ma anche nel centro della città, forse un po’ più occidentalizzata, la povertà Zambiana è lampante.

La strana sensazione che ho avuto é stata quella di trovare una città coperta da un sottile – Forse non così sottile- strato di polvere, che offre una sensazione di calma e pacatezza, quasi assonnate, ma al tempo stesso evidenzia, come fossero pieghe, tanti piccoli aspetti della vita in
povertà da noi forse dimenticati.

“Musungu” in Bemba significa letteralmente muso bianco, e quando la sento, il che accade spesso, istintivamente mi immagino un bambino viziato, il che mi fa piuttosto riflettere.

Gaia, Debora, Mauricio e Stefano

 

 

DIARIO DALLA BOLIVIA 21 AGOSTO 2019:

Mercoledì 14 è una giornata importante, perché è la giornata dell’inaugurazione della panaderia, progetto per dare lavoro alle donne boliviane, di conseguenza la mattina è dedicata ai preparativi in modo che tutto si svolga per il meglio.
L’inaugurazione è fissata per le 14, che in orario boliviano significano le 15.
Un breve e spiccio giro di discorsi tra le autorità e persone coinvolte nel progetto e si fanno le 16:30 quando tagliamo il nastro. Ovviamente non è finita qua perché i discorsi continuano anche all’interno per un’altra mezz’ora/ora. Fortunatamente il delizioso rinfresco viene servito mentre i discorsi all’interno proseguono.

Ferragosto arriva, festa per nulla sentita dai boliviani (tanto che è considerato giorno feriale). Accompagniamo padre Leo per una messa a Peñas sul calvario e per gli ultimi saluti ai ragazzi prima di partire.
Nel pomeriggio andiamo a visitare la casa del Mato Grosso di Carabuco, anche qui composta da scuole per ragazzi e ragazze e una cooperativa di falegnameria, dove vediamo gli artigiani all’opera intenti nella realizzazione di un magnifico ed enorme retablo (tipo la pala d’altare), composta da sculture in legno di alto livello.
Tornando a Huata ci fermiamo su un promontorio per ammirare il paesaggio offerto dalla punta chiamata “El dragon dormido”, promontorio che si estende sul Titikaka dalla forma che ricorda il muso addormentato della mitica bestia.

Venerdì mattina Alberto e le eugubine accompagnano Cristina nel giro per i poveri mentre i restanti si dedicano a pitturare un muro di giallo per poi disegnare sopra un murales.
Nel pomeriggio prepariamo il nuovo salone sopra la panaderia per poter accogliere i ragazzi di Peñas che staranno in Huata per circa un mese.
La sera siamo ospiti da Simona nella missione di Batallas, dove ci aspetta con una gradita cena.

Gli ultimi tre giorni trascorrono in fretta: continuiamo il murales che abbiamo iniziato, preparativi per i ragazzi di Peñas che arrivano, tornei di freccette serali e ritorno ai bagni della scuola della comunità di Coñani, dove avevamo portato la prima parte di fondi per la realizzazione, per vedere i progressi. Ovviamente non può mancare la solennità delle ultime cene: ultima cena in Santiago de Huata a base di una magnifica pizza preparata da Cristina.
L’ultima cena in Bolivia invece è un recupero di un’esperienza: cena a “El Toro” con un hamburger bello spesso.

Arriva così il fatidico giorno della partenza. Salutiamo p. Leo e Cristina che ci hanno accompagnati e ci prepariamo mentalmente per l’intenso viaggio che ci aspetta, come si può notare dal fatto che a Carlo cade immediatamente il passaporto appena passati i controlli.

Decolliamo così dalla Bolivia, una terra fantastica e così vasta che un mese non basta a comprenderla appieno.
Possiamo però dire alcune cose dal nostro mese di esperienza: ovviamente se non si fosse capito i paesaggi sono spettacolari; le persone sono fantastiche e la cultura del posto è talmente particolare e diversa da come abituati che ci vuole molto tempo per comprenderla e noi ne abbiamo solo vista e compresa solo una piccolissima parte.
Una terra con molte possibilità e potenzialità che grazie che anche alle molte realtà missionarie, i vari aiuti internazionali e ai vari volontari, sta affrontando uno sviluppo molto interessante che può riservare sorprese.
Non mancano le mille contraddizioni: la mancanza della percezione del tempo, il traffico selvaggio, la “decadenza”, se si può definire così,  delle città data dalla spazzatura lasciata in giro…
Insomma una terra affascinante in cui lasceremo un pezzetto di noi.

Antonio, Paolo, Carlo e Alberto.

 

DIARIO DALLA PALESTINA 18 AGOSTO 2019:

Ciao a tutti! Eccoci con la puntata finale.
Domenica siamo andati allo Yad Vashem, il museo della shoah. Al contrario di quanto ci aspettavamo, la maggior parte dei visitatori non erano turisti ma ebrei, anche molte famiglie con bambini. Emerge chiaro il desiderio di trasmettere quanto accaduto nella shoah. Siamo poi stati alla basilica della visitazione a Ein Karem.
Tutti a nanna presto perché il giorno dopo partenza ore 3 verso Massada. Dopo un paio di soste nel deserto ad ammirare le stelle cadenti siamo arrivati a Massada, dove ci ha atteso una ripida passeggiata che ci ha portato in vetta alla fortezza per ammirare l’alba. Il resto della giornata l’abbiamo trascorso sulle rive del Mar Morto facendo il bagno tra acqua salata e fanghi.
Nei giorni successivi abbiamo definitivamente concluso i lavori per i salesiani e abbiamo passato un po’ di tempo a la Crèche.
Siamo inoltre tornati a Gerusalemme per un’ultima visita al monte degli ulivi.
In un mese abbiamo potuto notare come ci siamo abituati al passaggio del muro, ma ogni volta è immediato osservare la differenza tra la zona israeliana e quella palestinese. Questo a dimostrazione che le differenze, per quanto pesanti, con il tempo diventano abituali.
Venerdì siamo partiti con abouna Lorenzo per Nazareth. Abbiamo percorso tutta la valle del Giordano fermandoci al monastero delle tentazioni e al luogo del battesimo di Gesù. Nel pomeriggio abbiamo visitato Nazareth dove c’è la basilica che ricorda l’annunciazione. Cena dai salesiani e poi Nazareth by night dove abbiamo potuto assaggiare un tipico dolce che si chiama knafeh. Sabato abbiamo visitato alcuni paesi sul lago di Tiberiade, che sono i luoghi dove si ricorda il passaggio di Gesù. Sulla via del ritorno ci siamo fermati a Betania, dove si ricorda l’incontro di Gesù con Marta, Maria e Lazzaro.
Oggi andremo a Betlemme per gli ultimi saluti.
Abbiamo scritto queste cose con un po’ di fatica, ma ne rimangono tante che vorremmo poi raccontarvi di persona.
A presto!

Maddalena, Marta, Chiara, Marta e padre Roberto

 

 

DIARIO DALLA BOLIVIA 14 AGOSTO 2019:

Ci eravamo lasciati al primo campo.
La prima notte all’addiaccio si rivela piuttosto traumatica per tutti a causa del freddo, ma anche da altri fattori come ad esempio i rumori esterni: camion che girano fino a mezzanotte e papere molto ilari che non smettono di ridere, senza contare perros affamati (perro = cane in spagnolo) che si aggirano per le tende in cerca di mangiare.
Dunque la prima mattina ci svegliamo con facce un po’ stralunate e con poche ore (se non minuti) di sonno. Questa dura notte induce Alberto a ritirarsi a Peñas anche per altre ragioni, anche se pure per lui la giornata non sarà così liscia.
Colazione fatta e smontate le tende, veniamo divisi nel gruppo di Milano e il nostro di Huata (biellesi e eugubine) a cui si aggiunge un ragazzo di nome Stefano. Partiamo così con alcuni dei ragazzi che studiano come guide divisi nei due gruppetti, e affrontiamo la prima salita della giornata di circa 200 m.
Nel frattempo Alberto, insieme a Daniele (ragazzo italiano che fa da insegnante ai ragazzi per la vita di montagna), dovrebbero ritornare a Peñas. Purtroppo,  come indica il condizionale, questo passaggio non è immediato in quanto la jeep sembrerebbe non partire…
Anche noi scalatori ci accorgiamo che la jeep è rimasta al suo posto, ignorandone però la ragione.
Per Alberto e Daniele quindi si prospetta una mattina non semplice. Non riuscendo a risalire alla causa del problema viene contattato p. Topio. Nel frattempo arriva il mulero, ossia la persona che caricherà sui muli tende, gas e sacchi a pelo e ce li farà trovare al campo successivo, una fortuna perché era piuttosto in ritardo e i due appiedati hanno potuto prendere accordi. All’arrivo di p. Topio viene subito risolto il problema: era stato attivato l’antifurto dal telecomando, il quale disattiva tutti i sistemi dell’auto tranne il motorino di avviamento.
Possono così partire per Peñas, dopo 7 ore di attesa disperata.
Ma torniamo ai nostri camminatori: il trekking prosegue con falsopiani, salite e discese, passando vicino o sopra a montagne da 5000 metri, e in mezzo a branchi di lama selvatici, che ci guardano incuriositi, ma a debita distanza.
Per pranzo ci fermiamo in una delle valli con vicino un laghetto, dove Quispe, uno dei ragazzi guida, fa prova delle sue abilità prendendo una trota a mani nude, ributtandola poco dopo in acqua.
Altra salita e discesa e arriviamo al nostro campo per la notte vicino a un lago.
Montiamo le tende, riposino e ceniamo subito alle 5:45, orario dettato dalla luce solare.

La notte trascorre molto meglio rispetto alla precedente e ci svegliamo così tranquilli e riposati pronti per la nuova giornata.
La giornata prevede la scelta di 2 percorsi: uno che arriva a 5300 un po’ più difficile, e uno che arriva a 5100 più semplice.
Solo 3 coraggiosi partono per i 5300, tutti noialtri andiamo per l’altro.
Entrambi i percorsi prevedono una sola salita e una discesa.
Arriviamo quindi al rifugio finale come al solito vicino a un lago. Qui troviamo anche diversi animaletti simpatici chiamati Viscacce, una specie di scoiattoloni enormi che vivono tra le rocce.
Nel frattempo, in mattinata, Alberto, accompagnato da p. Topio, affronta il Pico Austria a 5350 m e ci raggiunge al campo nel pomeriggio.
P. Topio celebra una messa in mezzo al vento del campo per ringraziare di queste giornate, dopodiché accompagna il gruppo di Milano a Peñas, mentre noi ci prepariamo per un’altra nottata. La sera facciamo un paio di partite a Lupus in Tabula con i ragazzi che ci hanno guidato, per poi ritirarci a dormire ognuno nelle proprie tende; tutti tranne “la principessa” Alberto (così soprannominato scherzosamente da tutti), che passerà la notte dentro al rifugio.

Il mattino seguente è la giornata in cui torniamo a Peñas. Facciamo colazione e attendiamo il mulero che ci aiuterà come al solito nel trasporto dell’attrezzatura. L’appuntamento era per le 10, che tradotto in orario boliviano significa 11:30.
Facciamo così la nostra ultima breve camminata alla jeep e torniamo a Peñas.
Nel pomeriggio aiutiamo Stefano (ragazzo che insegna e aiuta a Peñas) e Alberto nella lezione di inglese ai ragazzi.
La sera altre partite a Lupus in Tabula e andiamo a dormire potendo apprezzare nuovamente la gioia di un letto.

Venerdì mattina ci alziamo carichi, lieti di essere tornati alle comodità dei letti.
Partiamo subito alle 8 in direzione della comunità di Apuraya, dove p. Topio deve sostituire p. Leo in una messa.
La messa in questione è stata richiesta dagli organizzatori di una mega festa di paese in cui ci ritroviamo immersi.
Infatti appena arrivati, il traffico è bloccato a causa della lunghissima processione di squadre di banda e ballerini.
Le persone coinvolte superavano tranquillamente le 300 persone. Tutte le squadre di ballerini e musicisti vestiti elegantemente uguali in stile classico italiano: completo, doppiopetto e scarpe a punta per gli uomini, mentre le donne vestivano abiti più boliviani con gonne che si gonfiavano durante i volteggi e ballerine ai piedi, senza dimenticare l’immancabile cappello in testa.
La cosa più strana è che gli uomini ballerini giravano con uno strumento simile alla raganella (il cui suono ricorda, volutamente, le catene della schiavitù), il cui esterno era di tutte le forme, in particolare molti erano peluche di panda, altri semplici parallelepipedi di legno.
Arriviamo a piedi alla chiesa, sfilando in mezzo alle squadre festaiole, dove ci attende il custode.
Rimaniamo un attimo sconcertati dall’aspetto interno della chiesa: un capannone con solo un tavolo per l’altare e la sola parete di fondo affrescata, nient’altro…
La messa viene celebrata con la musica che proviene dall’esterno, dove le bande di musicisti e ballerini scorrono mentre vengono anche servite casse e casse di birra come in tutte le feste di paese.
Al termine, non può mancare la benedizione della festa compiuta con una processione attorno alla piazza con botti, musica e… acqua santa.
Tornando verso Santiago notiamo un pupazzo vestito legato a un pilastro della luce che, chiedendo a p. Topio, ci spiega che i vestiti appartengono a una persona recentemente giustiziata.
Questa purtroppo non è un’eccezione: in molte zone della Bolivia la giustizia è amministrata dalle varie autorità locali, riconoscibili per la frusta che tengono avvolta come la fascia dei nostri sindaci.
Ovviamente non ogni colpa viene punita in modo così severo, eccetto il furto, per il quale le pene sono piuttosto severe ed esagerate, arrivando perfino a essere capitali.
Nel pomeriggio ci riprendiamo dai giorni di trekking.

Sabato Paolo e p. Leo vanno nei campi a celebrare alcuni funerali.
Per pranzo ci ritroviamo alla casa di Chuquiñapi, per un ultimo pranzo insieme a Beppe prima della sua partenza la sera.
Pranzo da re con piatti prelibati tra cui spiccano una trota squisita con formaggio e un dolce di Quinoa e crema di latte strepitoso alla esorbitante cifra di… 6€ !!!

La sera, poiché p. Leo accompagna Beppe a La Paz, viene celebrata la liturgia della parola dal nostro diacono Paolo. Ovviamente la lingua della liturgia è il castigliano, e siccome il nostro Paolo non è ferratissimo in tale idioma, viene coadiuvato da Rosita, che possiamo definire come la giovane perpetua di p. Leo.
La sera le ragazze eugubine, stanche della sopa e dopo i giorni di trekking in cui sognavano i piatti italiani, ci preparano una buonissima pasta all’amatriciana.

Domenica mattina iniziamo la giornata con una passeggiata al Calvario, estesa raggiungendo una collina vicina. Per il ritorno ci affidiamo a Carlo, che ci porta per un sentiero inesistente, ossia scendere direttamente la collina passando per i suoi terrazzamenti ed i cactus. Nonostante l’erba alta e le spine arriviamo in tempo per la messa.
Nel pomeriggio relax: un gruppetto di noi va a Peñas a salutare p. Topio, mentre altri restano in Santiago.

Lunedì giornata di gita a La Paz.
Rispetto alla prima volta che ci eravamo fermati a El Alto ed entrati col Teleferico, stavolta apprezziamo meglio e appieno la giungla che è il traffico boliviano, dove le regole stradali sono gettate al vento e vige la legge del più grosso e prepotente, costringendo a una guida costantemente piena di pericoli, senza contare la ripidità delle strade di La Paz.
Al mattino giornata di shopping.
I pericoli della città non sono isolati alla corsia delle macchine ma si trovano anche sui marciapiedi: girando per le strade di La Paz bisogna sempre guardare dove si mettono i piedi, onde evitare la fine di un certo Talete che non vide una buca, episodio analogo che capita ad Antonio mentre ammirava l’opera del Teleferico, ignorando completamente il tombino lasciato aperto senza la minima segnaletica in cui è cascato, fortunatamente senza rompersi nulla.
Questo avviene mentre ci dirigiamo al tanto atteso pranzo, una hamburguesa le cui lodi sono state cantate da p. Leo da un po’ di tempo.
Purtroppo ci aspetta una brutta sorpresa: il locale “El Toro” è diventato solo serale…
Ripieghiamo così sulla consorte del toro, “La Vaca”, rimanendo comunque abbastanza soddisfatti.
Pomeriggio tranquillo con gelato e passeggiata, e un rientro con sosta ad Achacachi per una cena a base di salchipapa.

Martedì un’altra gita, stavolta destinazione Copacabana!
Passaggio obbligato da Tiquina dove attraversiamo lo stretto con una delle innumerevoli chiatte, che sono il lavoro di questa comunità.
Arriviamo e parcheggiamo nella piazza centrale davanti al santuario, dove si svolge come tutti i giorni la benedizione delle macchine.
Una fila lunghissima di macchine super agghindate con tanto di cappellini, su cui dopo la benedizione vengono sparsi i petali (come nella miglior tradizione boliviana in segno di buon auspicio) e fatti scoppiare gli immancabili petardi.
Visita al santuario e poi di nuovo shopping per i souvenir e chincaglierie.
Per pranzo scegliamo di cambiare un po’ stile buttandoci sul messicano con tacos e nachos.

Al pomeriggio saliamo per il calvario di Copacabana, luogo dove si possono trovare yatiri che leggono il futuro dallo stagno (metallo) e dai fondi di birra.
In cima invece ci aspetta un pavimento ricoperto dalla cera delle centinaia di candele bruciate ogni giorno come offerta, oltre alle numerose bottiglie vuote di birra sia in giro come offerte che in sacchi stracolmi.
Dalle centinaia di bancarelle presenti sulla cima impariamo un’altra usanza locale: si dice che chi compra un oggetto lì, come ad esempio una macchinina, lo riceverà entro un anno…
Ed è sulla base di questa credenza che vengono venduti anche negozi giocattolo oltre a macchinine e barche.
Ritorno tranquillo a Huata con traversata di ritorno a Tiquina.

E così è passata un’altra settimana, la penultima per tre di noi.
In questa abbiamo fatto un po’ più i turisti, scoprendo sempre parti nuove della Bolivia.
Alla prossima settimana, che si prospetta comunque piena di eventi.

DIARIO DALLA PALESTINA 10 AGOSTO 2019:

Se ben ricordate…aspettavamo visite.

Dopo una giornata in cucina tra mani in pasta e anguria fresca, sono arrivati i nostri ospiti (gruppi di San Paolo e Vigliano). La serata ha avuto inizio con un momento di accoglienza e preghiera seguito dalla cena nel bellissimo giardino della cantina, clima di festa e condivisione accompagnato da un piccolo imprevisto: ancora tutti comodamente seduti tra una chiacchierata e l’altra, il clima sereno è stato interrotto da grida e corse disperate verso luoghi asciutti… è scattata l’ora degli irrigatori (ecco perché il prato lì è così verde). Nonostante l’improvvisa doccia la serata è stata bella e divertente, soprattutto per aver condiviso esperienze diverse, tra pellegrinaggi e missione, per la prima volta il gruppo “Venite e Vedrete” ha ricevuto visite da ragazzi della propria città!!
Accolto l’invito dell’oratorio di San Paolo, la mattina seguente insieme a loro abbiamo celebrato Messa nella Grotta della Natività; ci salutiamo per poi proseguire ognuno per il proprio cammino. Successivamente accompagnati da Adele (responsabile dei progetti dei Salesiani) ci rechiamo al forno a cui è stato destinato il ricavato dei nostri eventi. Lì abbiamo incontrato alcuni dipendenti, i quali ci hanno mostrato i macchinari e spiegato il metodo di distribuzione del pane tra famiglie povere, orfanotrofi e clienti vari.
Sotto la scrupolosa guida di Abuna Felice abbiamo visitato il Museo dei Presepi, provenienti da numerose nazioni, nella casa dei Salesiani.
Il resto della settimana si è alternato tra sgombero e rinnovo di un magazzino adibito a deposito in Sala giochi per ragazzi e pomeriggi all’orfanotrofio dove abbiamo incontrato un gruppo di ragazzi volontari di Milano, con cui venerdì sera siamo andati a Gerusalemme ad assistere all’inizio dello Shabbat.
Abbiamo avuto l’occasione di conoscere un’ulteriore realtà: scuola Effetá, per bambini sordomuti dalla materna fino alla maturità. Siamo rimasti molto colpiti in quanto, a differenza delle nostre aspettative, non insegnano la lingua dei segni ma portano i bambini a parlare. Suor Ginetta nel corso della visita ci ha definiti come pellegrini senza bisaccia.
Una costante del nostro viaggio è la divisione tra Israele e Palestina che, purtroppo, si concretizza nel muro, caratterizzato da innumerevoli graffiti che esprimono il disagio di chi vive da questa parte.
A presto, gruppo Terra Santa: Marta, Chiara, Marta, Maddalena e padre Roberto.

 

 

DIARIO DALLA BOLIVIA 10 AGOSTO 2019:

La terza settimana inizia subito col botto, letteralmente.
Ci svegliamo alle 5 del mattino al dolce suono di botti di petardi accompagnati dal dolcissimissimo suono della banda, che nei giorni passati ci ha comunque allietato per la durata di tutto il giorno.
La mattina ci dividiamo, Alberto accompagna Cristina e le ragazze di Gubbio per il giro famiglie, mentre i restanti si dedicano al solito giardinaggio, potatura ed erbacce, che continuerà fino al pomeriggio.

Il giorno seguente andiamo a visitare una famiglia di 10 fratelli e sorelle, la cui madre è morta. È quindi la sorella maggiore ad aiutare il padre che lavora a portare avanti la famiglia, che abita in questa valle insieme ad altre cinque famiglie.
Lo scopo della nostra visita era di portare un po’ di viveri, ma soprattutto la cosa più importante… aiutarli a pelare tuntas.
Per chi non le conoscesse le tuntas si possono raffigurare come patate rotonde piccole dalla buccia scura e polpa bianca. Il loro trattamento consiste nell’immergerle in acqua per due/tre settimane, dopodiché vengono lasciate a seccare al sole. Ciò facilita anche la spelatura, poiché la buccia durante l’essiccamento tende a staccarsi, anche se non sempre completamente.
È qui che erano in gioco gli spelatori, in quel caso noi.
Ci sediamo così attorno ai mucchi di tuntas da pelare, armati di pazienza, pelandole una a una con nient’altro che le nostre unghie (perché stupidi noi non ci siamo portati coltelli), distruggendocele lentamente.
Durante quest’operazione ci viene offerto uno spettacolo dalla montagna di fronte: un bell’incendio che parte dalla vetta e avanza lento e inesorabile per tutto il tempo che siamo lì, arrivando all’incirca a metà per l’ora che andiamo via.
Il lavoro viene interrotto dalla pausa pranzo, rappresentato da un’insalata di pasta preparata al mattino e che condividiamo con la famiglia.
Dopo pranzo per digerire ci buttiamo in una partita Italia-Bolivia 5 contro 5, che finisce in un tranquillo pareggio.
Finiamo il nostro mucchio di tuntas, salutiamo e andiamo, stanchi e con le unghie distrutte, ma contenti di aver aiutato questa famiglia con cui abbiamo condiviso la giornata.

Venerdì è in programma una gita alla comunità di Ambanà, per un saluto a padre Valentino, sacerdote che gestisce una casa del Mato Grosso operante su due cooperative, una falegnameria e una tessile.
Viaggio lunghetto data la distanza, che ci porta attraverso e sulle montagne della cordigliera, facendoci al solito rimanere a bocca aperta per i paesaggi grazie anche alla bella giornata.
Padre Leo ne approfitta per far girare un po’ la sua moto, offrendo passaggi durante il viaggio accettati da alcuni di noi.
Arrivati p. Valentino e collaboratori ci offrono uno spuntino veloce, seguito da una visita alla chiesa, arredata dai lavori della falegnameria del Mato Grosso di Escoma, tutti di qualità eccezionale.
Dopo pranzo non può mancare la partita digestiva, anche se stavolta ci cimentiamo nella pallavolo.
Al nostro gruppo di 9 persone si aggiungono p. Valentino e una sua collaboratrice.
Al termine di questa, facciamo un giro per scoprire la realtà di questa casa. Qui il Mato Grosso porta avanti tre progetti: una scuola secondaria che insegna ai ragazzi il mestiere del falegname, la cooperativa della falegnameria a cui si possono unire terminata la summenzionata scuola, in cui si producono mobili di alta qualità che vengono venduti in Bolivia, e infine la cooperativa tessile per le ragazze, dove si producono tappeti e capi di vestiario con le lane di lama, alpaca e pecora.
Scambiamo saluti e facciamo ritorno a Santiago, facendo due brevi tappe lungo il percorso: salchipapa per le egubine ad Achacachi (piatto tipico di strada, fatto di patate e platano fritto con salsiccia/wurstel), e tramonto sul lago da una banchina.

Sabato giorno di relativo riposo.

Il diacono Paolo accompagna Padre Leo nel giro di messe e impegni nelle varie comunità, mentre noialtri ci dedichiamo al solito compito di estirpare erbacce fuori dalla chiesa.
Nel pomeriggio partitina a pallavolo veloce prima di andare a messa.

Arriva la domenica, e per pranzo ci vuole un pranzo che sia domenicale. A tal proposito le nostre eugubine decidono di tentare l’impresa di fare gnocchi a 4000 m in Bolivia, oltre alla preparazione di un dolce banana e cioccolato un po’ più semplice.
Affiancati in questa operazione troviamo l’ing. Beppe, Alberto, Antonio e Paolo.
Le difficoltà principali per cui questo piatto può essere considerato un a sfida vera e propria in Bolivia sono principalmente due: l’enorme varietà di patate presenti, tutte con caratteristiche differenti, e la solita bassa pressione dovuta all’altezza che scombina la cottura.
Con la mattinata dedicata alla preparazione di questo pranzo, arriva il momento della verità: i commensali, per la maggioranza italiani, apprezzeranno questo pranzo preparato a 4000 metri?
Il verdetto fu il seguente: gli gnocchi, nonostante quelli italiani siano sempre migliori, possono rientrare nei migliori tentativi di gnocco fatti in Santiago de Huata, mentre il dolce ha riscosso un successo strepitoso.
Per digerire nel pomeriggio affrontiamo il monte Kapiki, anche in preparazione al trekking che ci aspetta nei giorni successivi organizzato da padre Topio.
Il Kapiki è un monte di Santiago de Huata che si erge di 500 metri rispetto alla missione posta intorno ai 3800, montagna da cui si può godere di una vista spettacolare una volta giunti sulla cima.
Il problema è ovviamente raggiungerla questa cima.
Bene o male il nostro gruppetto riesce a raggiungere tutto intero la vetta, compreso Alberto, che ha deciso di affrontare questa montagna con le Converse di 5 anni ai piedi, già protagoniste dell’impronta sul cemento.
Dopo aver ammirato il panorama, affrontiamo la discesa, chi con tranquillità, e chi con improperi dovuta alle sue calzature.
Arrivati in missione ci sentiamo comunque pronti ad affrontare le giornate di trekking che ci attendono.

Lunedì 5 Agosto, primo giorno del trekking.
Partiamo alla volta di Peñas, dove veniamo accolti da p. Topio, che dopo un controllo accurato e un pranzo veloce, ci lascia nelle mani dei suoi ragazzi,  che studiano per diventare guide alpine lì nella missione.
Al nostro gruppo di 6 persone (biellesi ed eugubine) si unisce un gruppo di Milano e altre persone, arrivando a un totale, considerando anche le guide, di 23 persone.
Partiamo così verso le montagne dove passeremo le prossime giornate, con le macchine cariche di zaini, tende e sacchi a pelo.
La prima giornata è solo di acclimatamento.
Piazziamo le tende e apprezziamo la vista di un laghetto ai piedi delle montagne.
Ci salutiamo tutti per andare a dormire dopo essere stati attorno a un falò e aver cantato un paio di canzoni italiane e boliviane, sotto una volta celeste mozzafiato.

Per questioni di narrativa e corposità del diario la settima termina qui.

Alla prossima settimana in cui scopriremo se i nostri eroi sopravvivranno a un trekking sui 5000 m.

Antonio, Alberto, Paolo e Carlo.

DIARIO DALLA PALESTINA 3 AGOSTO 2019:

Ciao a tutti!!
Eccoci per i nuovi aggiornamenti!
Abbiamo concluso l’estate ragazzi con una meravigliosa cena araba condivisa con tutti gli animatori e i volontari; ora li attendiamo per un ritiro in quella che ormai è anche un po’ casa nostra: Cremisan.
Dopo aver concluso il lavoro della biblioteca ci siamo dedicati al trasloco del museo di reperti archeologici, in gran parte rinvenuti a Cremisan e dintorni. Così facendo siamo passati da piccoli e leggeri cocci a poco simpatici sarcofagi, capitelli e colonne di un certo spessore e peso.
Ci siamo recati alla cantina gestita dai Salesiani dove lavorano 12 operai tra palestinesi e israeliani. La cantina produce alcuni tra i migliori vini della Terra Santa, all’ incirca 180mila bottiglie l’anno. Molto bello anche il giro tra i vigneti.
Siamo andati a Hebron accompagnati da abuna Daniele e Fabio (volontario de L’Aquila) i quali ci hanno guidato in una visita alle sorgenti della nostra Fede: la quercia di Mambre e le Tombe dei patriarchi Abramo e Sara , la cui particolarità sta nella divisione del luogo in moschea e sinagoga, rigorosamente vigilate da soldati armati. Ferita più grande di questa città fu il massacro del 1994 e la successiva divisione che vede una piena percentuale di mussulmani a eccezione di 4 cristiani, resta comunque una parte israeliana la cui presenza è ancora oggi segno di grande tensione.
Tra le varie e tante realtà di Betlemme siamo entrati in contatto con l’orfanotrofio de la Creche unico in tutto il territorio palestinese. La struttura è fondamentale per le donne mussulmane rimaste incinte al di fuori del matrimonio che posso partorire in sicurezza e lasciare li al sicuro i loro bambini. Purtroppo rimangono spesso ignote le sorti delle madri in quanto per la legge musulmana dovrebbero essere lapidate. Qui abbiamo trovato una cinquantina di bambini dai zero ai sei anni, con i quali abbiamo giocato, fatto il bagno in piscina e che non vediamo l’ora di rincontrare.
Inoltre siamo ritornati a Gerusalemme accompagnati da una nuova guida che ci ha condotto lungo la via dolorosa e al monastero di Ratisbonne, dove studiano la maggior parte dei Salesiani.
I rapporti qui a Cremisan con la comunità Salesiana sono ottimi e cominciamo a conoscere i padri personalmente. Tanti anche i momenti di condivisione a partire dai pasti, le preghiere, le passeggiate, i film e giochi serali.
Siamo in attesa dei pellegrini degli oratori di San Paolo e Vigliano che passeranno da noi, ma vi aggiorneremo nella prossima puntata!

Ciaoneeee dalla Terra Santa

 

DIARIO DALLA BOLIVIA 30 luglio 2019:

Nell’ultima puntata avevamo lasciato i nostri eroi alla Paz e da lì riprenderemo…

La giornata di mercoledì 24 non è stata molto movimentata. Partiamo al mattino alla volta di Santiago de Huata col cruiser pieno di acquisti di Padre Leo per la nuova panaderia (pasticceria-panetteria). Piccola sosta a Peñas per un saluto a Padre Topio, per poi riprendere il viaggio. Arriviamo in tempo per il pranzo e nel pomeriggio siamo arruolati per l’importante compito di estirpare erbacce dall’orto e dalle serre della parrocchia.

Il giorno seguente finiamo di rimuovere tutte le erbacce indesiderate e nel pomeriggio passiamo quindi a scartavetrare un lato della panaderia in preparazione dell’imbiancatura.

Arriva così il venerdì, giornata da noi attesa perché ci aspetta un giro sul Titicat 2, il catamarano della casa del turismo di Chuquiñapi.
Pronti per partire, ci viene a prendere Victor,  il direttore di questa casa che ci accompagna fino al catamarano. In questo giro ci accompagna una coppia di francesi.
La traversata si rivela molto piacevole, specialmente sotto la guida esperta del capitano Carlos e dei due giovani dell’equipaggio, anche se purtroppo il vento sembra essere ancora addormentato.
La mancanza di vento non infierisce molto sul giro, che passiamo ammirando il paesaggio (so che potrà sembrare ripetitivo, ma il lago e le montagne qui sono davvero fantastici) e conversando con la coppia di turisti.
Solo questo potrebbe qualificare la giornata come stupenda, ma non è finita qui. A pranzo siamo ospiti di Victor alla casa del turismo, dove la sua formidabile ospitalità ci grazia di un banchetto luculliano.

Subito dopo pranzo facciamo una breve passeggiata sulla riva del Titikaka, dove accade un episodio alquanto singolare: dalla prateria vediamo arrivare un piccolo gregge di pecore avvicinarsi alla riva per bere, e, poiché appariva come un bel soggetto per una fotografia, ci accingiamo a scattare una foto. Neanche il tempo di inquadrare le pecore che la padrona chiama subito, e nonostante le difficoltà linguistiche intendiamo subito la richiesta: pagare per foto di pecore.
Al che declinammo l’offerta, sulla considerazione che molte altre pecore abitano la Bolivia.

Sabato 27 inizia come una giornata normale, lodi mattutine, colazione, e poi ci dedichiamo a pulire erbacce (cosa che ormai ci riesce piuttosto bene) davanti alla cappellina, bucato e messa.
La messa subisce una lieve modifica in base all’esperienza di Padre Leo: il passo del vangelo è quello della domenica. Infatti, come ci ha raccontato Padre Leo, la messa prefestiva è più sentita/partecipata di quella domenicale, e nonostante tutti gli sforzi di catechesi o omelia, sembra che il messaggio sull’importanza della domenica non abbia ancora fatto presa.
Nel pomeriggio assistiamo partecipando finalmente alla prima partita di calcio in Bolivia.
Finalmente perché, nonostante la Bolivia sia piena di campi da calcio in seguito a un progetto statale (con piena si intende che ogni paesino/comunità per quanto piccoli o sperduti che siano hanno una spianata con due porte da qualche parte), solo una volta, nel paese di Achacachi, ci è capitato di vedere svolgersi una partita.
Ma tornando alla partita dei nostri eroi, si è  svolta così: due squadre da 5 divise grossolanamente in abitanti della parrocchia ed esterni, i cui giocatori erano giovani amici delle ragazze della parrocchia.
Iniziamo la partita ben consapevoli di trovarci a quasi 4000 m e difatti pochi scatti ci tolgono subito il fiato, a differenza dei boliviani, abituati alla loro terra. Nonostante l’handicap, la partita è molto equilibrata, con un leggero vantaggio per la parrocchia, fino a 8-8, dove gli esterni segnano abilmente due gol che gli garantiscono la vittoria.

Non paghi della prima partita e non del tutto vinti dalla mancanza di ossigeno, 8 di noi decidono di giocare un’altra breve partita, a cui si unisce anche uno degli innumerevoli cani randagi che abitano la Bolivia.

Domenica mattina, in uno spirito marry poppinsiano, diamo una pulita alla canna fumaria della stufa in cucina, tirando fuori molta cenere.
Nel pomeriggio ci dedichiamo a una passeggiata per le valli di Santiago de Huata.
Si rivela una passeggiata errante, col solito cane accompagnatore. Seguiamo Alberto che, sentendosi sicuro, imbocca una strada sbarrata da alberi caduti, innocui; purtroppo quegli alberi abbattuti indicavano una zona di cemento fresco, e la rivelazione colpisce Alberto un po’ in ritardo, testimoni le sue orme delle sue All-Star che finiscono incredibilmente per rompersi nonostante la tenera età di 5 anni. Proseguiamo arrivando alla piccola comunità di Cusijahuira, dove chiediamo indicazioni a un vecchietto arzillo con l’intenzione di aggirare la montagna; poiché la strada sembra troppo lunga, torniamo sui nostri passi.

Iniziamo il lunedì mattina con un bel rogo di rifiuti, modo consueto per smaltire data la mancanza di un servizio di nettezza urbana.
Siamo poi attesi alla scuola della comunità di Coñani, dove dobbiamo consegnare dei soldi per avviare un progetto di costruzione di nuovi bagni, data la fatiscenza di quelli presenti.
L’ospitalità con cui veniamo accolti è fantastica: dopo il giro di saluti al maestro dei 12 alunni (dalla prima alla sesta), e alle autorità e al consiglio, ci viene offerto un bel tavolo di cibo, consistente di patate, uova fritte, pasta, e nientemeno che… porcellini d’India!
Sbocconcellando qualcosa il maestro ci parla un po’ della scuola e del progetto e dei tempi di questi nuovi bagni.
Ritornando, Alberto raggiunge il Nirvana, ottenendo il permesso per guidare la mitica Lada Niva 5 porte per qualche centinaio di metri, mantenendo un’espressione estatica per il breve tragitto.
Una volta in parrocchia ci dedichiamo al giardinaggio, abbeverando le varie piante della parrocchia, mentre nel pomeriggio torniamo al solito lavoro di estirpare erbacce dalla piazza di fronte alla chiesa.
La sera festeggiamo l’arrivo dell’ing. Beppe Sfondrini, che sarà l’aiuto principale per montare i due motori del nuovo catamarano, e di due ragazze di Gubbio, tutti quanti provati dal viaggio e dall’altura.

Martedì mattina ci aspetta una brutta sorpresa… Purtroppo pare mancare una scatola importantissima per il cablaggio dei motori al catamarano, che impedisce il montaggio dei motori nei tempi e costi previsti.
Qui il nostro gruppo si separa per la mattinata: metà va a finire l’eterna lotta alle erbacce della piazza, mentre gli altri vanno a Tiquina per controllare il catamarano.
Dopo pranzo ci attende un funerale che sembra essere piuttosto importante a giudicare dalla quantità di gente che riempie la chiesa. Nonostante la solennità del momento e la chiesa stracolma di Boliviani, la messa è celebrata da noi italiani un po’ incespicanti sullo spagnolo: prima lettura, salmi e vangelo letti da noi.

Il pomeriggio prosegue con una messa a punto dell’invernadero (la serra) e finisce in bellezza con una partitina a calcio con le ragazze della parrocchia (avete capito bene, le ragazze boliviane giocano a calcio e a calcetto e sono pure forti, avendo battuto il Carletto a braccio di ferro) riuscendo a rimanere in piedi un po’ più a lungo rispetto alla prima.

Si conclude così un’altra settimana, i cui giorni regalano sempre nuove sorprese e risultano sempre pieni.
Sempre sull’onda di questa esperienza, saluti dal lago Titikaka.

 

DIARIO DALLA PALESTINA 29 luglio 2019:

A distanza di 10 giorni dalla nostra partenza ci troviamo a fare quello che è il punto della situazione.

Dopo una travagliata giornata in aeroporto, riusciamo a partire e, una volta giunti a destinazione, riceviamo una calorosa accoglienza da parte dei Salesiani di Cremisan.

Come prima attività abbiamo partecipato all’Estate Ragazzi dai Salesiani di Betlemme, accompagnandoli nelle varie attività quali giornate in piscina, gite, giochi e preparazione dello spettacolo finale venuto molto bene, grazie alla collaborazione con gli animatori del posto e validi volontari anch’essi ospiti!

Qui a Cremisan, dove siamo ospiti, contribuiamo aiutando nel trasloco di una ricca biblioteca tra tanti gradini e altrettante risate! Attività forse meno gratificante che stare con i bambini ma pur sempre un buon modo per mettersi a servizio e conoscerci meglio tra di noi!

Grazie anche al tempo libero a nostra disposizione, abbiamo avuto l’occasione di iniziare a visitare alcuni degli innumerevoli luoghi sacri di questa Terra, come il centro di Gerusalemme che si caratterizza di un intreccio di culture e religioni!

La missione a cui siamo stati destinati, rimanda a una povertà differente rispetto a quella del comune immaginario: fin’ora non abbiamo visto grandi mancanze economiche ma sicuramente quello che colpisce è la ristretta libertà.

Questa esperienza ci sta insegnando che alla fine non serve allontanarsi di tanto dalle proprio case per essere missionari.

Marta, Maddalena, Chiara, Marta e padre Roberto.

DIARIO DALLA BOLIVIA 25 luglio 2019:

La prima settimana è stata ricca di emozioni.
Fin dal primo giorno a Santiago de Huata siamo partiti con una giornata piena, venendo a contatto con la vita e la morte, attraverso due battesimi e una messa di memoria funeraria.
Un inizio dirompente, che ci ha mostrato subito uno scorcio della comunità e dei loro costumi.

Il secondo giorno entriamo più a contatto con la comunità,  accompagnando Cristina (la cui guida spaventa Paolo, ritenendola adatta a una Parigi-Daqar) nel giro alle persone più bisognose della comunità. Un giro che ti cambia completamente: quando vedi le difficoltà in cui queste persone vivono ogni giorno, i tuoi metri di giudizio cambiano drasticamente, perché hai visto con i tuoi occhi una realtà che magari conoscevi già o avevi anche già visto, ma mai così da vicino.

Al pomeriggio padre Leo ci mostra una porzione del vasto territorio della parrocchia attraverso un tour “prudente” (certificazione Carlo) su jeep.

Il giorno seguente testiamo il nostro vigore fisico in alta quota con una passeggiata al Calvario, un sentiero in Santiago de Huata che si innalza di diversi metri, accompagnati da uno dei tanti cani che affollano la Bolivia, che sembra non patire quanto noi la fatica d’altura. Passeggiata che precede la tanto sentita festa del tata Santiago. La parte più attesa è la processione attorno alla piazza al termine della messa, in cui due coppie di sposi hanno voluto essere i portantini della statua. Purtroppo arrivati al portone della chiesa inizia una grandinata fortissima che sembra impedire questa processione. Fortunatamente (o volere divino) il mal tempo dura poco meno di un quarto d’ora, e poiché la gente era ancora in attesa,  viene dato il via a una processione accompagnata dalla musica della banda e da botti pirotecnici, che provocano una reazione infastidita dei vari cani (tra cui il nostro amico).
Per concludere la giornata, padre Leo ci porta sulla Cordigliera per una accesissima battaglia a palle di neve, e per incontrare qualche lama.

Arriva così la domenica, giorno meno sentito dai Boliviani, ma che si rivelerà per noi una giornata piena. Padre Leo deve sostituire Padre Topio nella messa, e così lo accompagniamo a Peñas, dove parteciperemo a una messa animata da canti aymara. Lì  ci attende a nostra insaputa un lauto pranzo grazie al compleanno di uno dei ragazzi di Bergamo, ospiti di Padre Topio.
Il pomeriggio invece lo passiamo con un altro tour alla scoperta della bellezza dei paesaggi boliviani, di cui non ci si stancherebbe mai.
La bellezza del lago Titikaka circondato dalla Cordigliera lascia sempre mozzafiato.

Lunedì Padre Leo ci mostra un po’ del progetto “Catamarano”.
Passiamo quindi a dare una visita all’officina, luogo dove avviene molto del lavoro manuale e costruttivo. A causa delle dimensioni però il protagonista vero e proprio (il catamarano) si trova a Tiquina, luogo di passaggio per arrivare a Copacabana, e dunque partiamo per vedere questa meraviglia di ingegneria in costruzione.
Tornati alla parrocchia ci viene proposto di aiutare nei lavori per la nuova panaderia (forno per il pane).
Accettando volentieri, passiamo il pomeriggio preparando l’edificio per una nuova ritinteggiatura.

Arriva poi il fatidico giorno in cui il Carlo viene riunito alla sua valigia. Partenza alle 5:15 da Santiago per arrivare a El Alto tranquilli evitando il traffico.
Dopo l’emozionante incontro, siamo ospiti a casa di Rosita per una veloce colazione, e via per le strade di el Alto.
Fin da subito ci troviamo a dover fare i conti con le varie altezze e pendii delle due città sorelle (el Alto e la Paz), restando incantati da uno dei mezzi di trasporto più singolari tra le metropoli di tutto il mondo: el Teleferico.
La nostra passeggiata ci porta nelle strade di la Paz, dove compriamo ninnoli e souvenir.
Il modesto pranzo del locale trovato da Padre Leo viene finito a fatica, causa porzioni leggermente più grandi del normale.
La giornata volge al termine e, dopo un gelato di una delle case papa Giovanni XXIII offerto dal gentilissimo Carlo, torniamo alla casa di Rosita per una deliziosa cena in compagnia.

Si conclude così la prima settimana, un susseguirsi di giornate ricche e piene di compagnia.
L’esperienza continua, in attesa di cosa ci riserveranno le settimane restanti.

Antonio, Paolo, Carlo e Alberto

2 pensieri riguardo ““Venite e Vedrete”: diario di viaggio

  1. Anna Valz Cominet ha detto:

    ..Bravi..quello che state vivendo è una grande esperienza che arricchirà il vostro bagaglio vitae e che si fisserà in voi indelebilmente, anche se il vostro cammino futuro vi porterà molto lontano da lì..
    Buona Strada!
    Anna

  2. Donatella Grosso ha detto:

    Grazie per questa splendida condivisione! Un forte abbraccio a tutti!

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