Intervista a padre Leo (da Il Biellese 15 novembre 2019)

Lunedì è venuto in visita al Centro Missionario Diocesano don Leonardo Giannelli, “padre Leo”, sacerdote della Diocesi di Gubbio da diciannove anni missionario nella parrocchia di Huata della Diocesi di El Alto, in Bolivia. Tanti sono i biellesi che in questi anni hanno visitato la parrocchia e l’amicizia con questa realtà si è rafforzata al punto che per cinque anni la biellese Cristina Ferrero ha vissuto là come missionaria laica fidei donum della nostra Diocesi, rientrando poche settimane fa.

Questa rapida visita è stata l’occasione per porre a padre Leo qualche domanda sulla situazione di crisi che sta vivendo il Paese.

Padre Leo, ci puoi spiegare la situazione che sta vivendo ora la Bolivia, dal tuo punto di vista, che non è quello né di un giornalista né di un esperto di politica, ma di chi vive a fianco delle persone?

In Bolivia a ottobre ci sono state le elezioni presidenziali. Negli ultimi anni la presidenza aveva cominciato a prendere “odore di regime”, perciò le elezioni erano molto attese, ma fin da subito è stato evidente che durante le elezioni c’erano stati dei brogli. Questo fatto ha causato l’inizio delle proteste, prima solo a livello politico, poi sono iniziate a circolare maggiori informazioni che provavano queste scorrettezze elettorali. Perciò le città di Cochabamba e Santa Cruz hanno iniziato a protestare. Evo Morales ha risposto immediatamente gridando al colpo di stato. Perciò sono aumentate le manifestazioni, con blocco di traffico e cose simili, e purtroppo coi primi due morti. La situazione è andata degenerando. All’inizio la gente chiedeva che Morales accettasse il ballottaggio, ma lui rispondeva che le elezioni erano corrette e che perciò quello che stava avvenendo era un colpo di stato. Allora le opposizioni hanno iniziato a chiedere le dimissioni del presidente e nuove elezioni. Dopo questa richiesta Morales ha accettato che fossero controllate le votazioni per guadagnare tempo. La frode elettorale è stata confermata con certezza e da quel momento Evo Morales è scomparso, dopo aver dichiarato di voler indire nuove elezioni, solo per dare pace al Paese.  Ora non si sa dove sia, è nascosto ma non è fuggito. Dalla sua partenza dei piccoli gruppi armati hanno cominciato a devastare le città. Sparano in aria, bruciano case e negozi, rubano. Ci sono stati altri morti e la situazione sembra peggiorare. Queste persone, secondo molti, sono attivisti del MAS, il partito di Morales.

Come vivete la situazione in parrocchia? Fortunatamente la zona della nostra missione è abbastanza periferica, il disagio principale è che le strade più importanti sono bloccate perciò non si può andare nelle città. Ora noi dobbiamo essere molto prudenti, gestire le nostre attività umilmente. La parrocchia è sempre stato un ente riconosciuto a favore delle persone nelle nostre zone, perciò è difficile che possa capitare qualcosa. Questa situazione, ovviamente, incide sui progetti che stiamo portando avanti, soprattutto quello turistico, ma ora quello che conta è che la situazione si normalizzi per il Paese. Se la parrocchia fosse in città, ci sarebbero invece molti problemi di sicurezza anche per noi. Ora mi trovo in Italia per un viaggio programmato da tempo, ma ammetto che sono molto preoccupato e vorrei essere coi miei parrocchiani; in ogni caso rientrerò a breve.

Quale ruolo sta avendo la Chiesa? La Chiesa come gerarchia sta facendo dichiara zioni che richiamano all’ordine, alla pace e alla non- violenza. In un Paese come la Bolivia, con una grande religiosità e anche forte superstizione, la Chiesa ha un ruolo, le parole dei Vescovi hanno un peso quando invitano alla pace. Inoltre, la Chiesa sta mettendo a disposizione spazi per chi ha la casa bruciata. Nella situazione attuale più che un invito alla pace e una disponibilità di spazi, non può fare. Ricordo che nel 2003 monsignor Jesùs Juàrez salvò la Bolivia dalla guerra civile andando da solo nella piazza del Palazzo di governo e convincendo il presidente a scappare, altrimenti il giorno dopo l’esercito avrebbe iniziato a sparare. Ora la Chiesa non può fare questo, ma già il ruolo di pacificazione è importante.

Quali prospettive vedi per il futuro? Parlare di prospettive per ora è impossibile perché va ancora fatta una lettura seria di quanto sta avvenendo. Polizia ed esercito si sono dichiarate a favore della popolazione, nel senso che hanno dichiarato di voler mantenere l’ordine e le manifestazioni pacifiche. Ora che i gruppi armati devastano la città, però, né polizia né esercito intervengono. Inoltre, Morales non ha mai detto “Io rinuncio”. Dietro c’è un piano legato al far proseguire il governo attuale, questo è sempre più evidente. L’ideale sarebbero reali dimissioni di Morales e reali nuove elezioni, ma per ora non sembra che succederà.  Finché Morales non scopre il suo gioco, la situazione è in stallo, non si può formare un governo provvisorio, altrimenti sarebbe un vero colpo di stato. Non è scappato, si è nascosto, e non si è dimesso. Nelle città comincia a mancare il cibo e la gente, ovviamente, non può stare troppo tempo senza mangiare, perciò le agitazioni potranno solo aumentare.

 

 

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